Ecco, guarda.

Campanile del duomo di Torino: essere verticali comporta pazienza, coraggio;a volte, un piccolo dolore.

Partire dal basso, mescolarsi con la terra, succhiare vita dal profondo e ancora più giù; lasciarsi sporcare dalla terra, scuotere dal tellurico, abbandonarsi alle sensazioni, farsi arare dall'incomprensibile, sentirsi in preda allo (oh, adoro questa parola) ctonio, e lasciarlo rimestare torbido l'anima.

Ergersi. Usare questa mescolanza con la materia per costruire, mattone dopo mattone, la propria individuale esistenza; librarsi nell'aria, essere altezza anno dopo anno, guardare le cose da su, grato alle radici, aumentare in consapevolezza scavando più in basso per andare più in alto.

Librarsi. Cingere l'altezza del manto più bello, sgorgare nel cielo a cantare la gloria del ramo più alto. Diventare l'aria che si respira,sentirsi intorno, essere il panorama, poter dire ecco, guardami, fin qui sei arrivata.

Volare.Ruotare danzando, vibrare al rintocco assordante dolcissimo dei bronzi di secoli, gli occhi a fissare l'essere lì, perso in quel colore nocciola, quand'è l'ora giusta, nel sorriso dei secoli.

Essere verticali comporta pazienza, coraggio; a volte, una grande gioia.