Krueger

i ruggiti dell'anima

di Leo Altoriso

24 - L'interrogatorio

Verdiana sentì suonare il campanello; non aveva sessioni, quel mattino.

Nel videocitofono una persona sui quarantacinque, baffetti scuri e aria da pescatore in città.

"La dottoressa Bonavischio? Vorrei scambiare due parole con lei, se permette."

"Mi dispiace, questa mattina non posso. Provi a richiamarmi per telefono più tardi, posso fissarle un appuntamento."

"Ho bisogno di parlarle con una certa urgenza."

"Le ho detto che non è possibile."

"Dottoressa, sono un vice ispettore della Polizia. Se preferisce torno con un mandato e due agenti."

Sentendo la serratura sbloccarsi, Gerry sorrise.

Il viceispettore Gerolamo Pantani, detto Gerry, era una persona tranquilla che aveva imparato a trasformare l'impeto del carattere giovanile in tenacia irremovibile nelle indagini; non avere ancora risolto l'omicidio Destefani anzichè disturbarlo gli provocava una specie di curioso divertimento come a sfidare la situazione per vedere fino a quando l'avrebbe ancora intrattenuto.

La morte era avvenuta per strangolamento; il cadavere legato e conciato in quel modo, con parrucca e serpenti, faceva pensare ad una specie di gioco rituale.

L'autopsia aveva rivelato la possibilità che potesse trattarsi di un gioco erotico finito male; ma perchè quella messinscena?.

Il primo sospettato era stato padre Krueger, sul quale già indagava per pedofilia; lui aveva visto Destefani scagliarsi rabbioso contro di lui, inoltre non aveva un'alibi per l'ora del delitto; aveva semplicemene detto di essere stato in giro a passeggiare per Torino. Nessun testimone.

Il sospetto aveva però poco fondamento: era una donna quella intercettata dalle telecamere. Certo, padre Krueger poteva essere il mandante, palese o occulto; ma non poteva aver commesso direttamente il delitto.

C'erano però altri elementi importanti; quando Destefani mostrò le proprie accuse nei confronti di Krueger, parlò di frequentazioni del sacerdote con donne perverse, dell'ambiente del sadomasochismo.

Pedofilo, omicida, perverso: l'esperienza gli aveva insegnato che quando tutto confluisce nella stessa direzione in modo così palese la verità si sta prendendo gioco della situazione.

Per questo avviò le procedure per ottenere i tabulati telefonici della vittima, per capire con chi avesse avuto a che fare negli ultimi giorni della vita.

La segretaria aveva confermato la sua presenza al lavoro al mattino; unica ossevazione degna di nota, aveva rinviato i due appuntamenti delle dieci e delle undici, come a liberarsi un po' di tempo.

Seguiva una serie di chiamate da e verso un numero cellulare; non apparteneva a nessuna delle persone coinvolte nell'inchiesta; si fece quindi inviare i tabulati di ognuna delle persone che in quaalche modo potevano essere correlate.

Ed ecco... un buon indizio: nelle telefonate di Krueger apparivano chiamate con quello stesso numero che aveva chiamato più volte la vittima al mattino.

Quel numero apparteneva ad una psicologa: dottoressa Verdiana Bonavischio.

A questo punto le nebbie cominciavano a diradarsi: poteva essere lei la donna in tailleur viola?

Cercò il numero negli archivi della polizia e risultò collegato ad annunci o eventi relativi al mondo sadomaso; approfondendo le indagini, era il numero con il quale una cosidetta mistress offriva un contatto per offrire i propri servizi.

Sorrise sornione; ora i conti cominciavano a tornare.

Destefani e Krueger erano collegati dal numero della Bonavischio, esperta in pratiche sadomaso e quindi perfettamente sospettabile del tipo di morte; le telefonate in quei giorni stavano a testimoniare più di un contatto diretto.

Pensò di avviare la procedura per richiedere le intercettazioni telefoniche; ma sapeva che ci sarebbe voluto molto tempo per ottenerle, quindi pensò di approfondire l'immagine, pensando che sarebbe stato interessante una seduta da una psicologa.

Allo scatto della serratura seguì l'ingresso nell'androne dove ad una portinaia dall'aria orientale chiese a che piano fosse la dottoressa.

Lo sguardo con il quale lo guardò lo lasciò interdetto; possedeva una tranquilla forza e, nonostante lo potesse chiaramente assimilare al tipo di uomini che frequentava quella dottoressa, gli infondeva una certa fiducia.

Salì al piano; la dottoressa lo stava attendendo davanti alla porta del suo appartamento privato.

Dalle prime parole Verdiana capì subito che lui conosceva la sua professione, sapeva della sua frequentazione con Krueger ed indagava sulla morte di Destefani.

Gli piaceva quell'uomo dall'aria sorniona, tranquillo e schietto, che andava subito al sodo; per questo quando gli chiese di vedere l'ambiente nel quale riceveva i suoi clienti, Verdiana non oppose resistenza più di tanto.

Lo introdusse nella stanza armadio e quindi nello studio, il 'dungeon' vero e proprio, il luogo nel quale riceveva i clienti; lo guardò attentamente mentre osservava i vestiti, le scarpe, gli oggetti ben disposti, le superfici di pelle nera, la croce a cui legare gli schiavi, gli anelli di sospensione, le cinghie, le catene, le fruste.

Anni di professione le avevano insegnato a studiare il primo sguardo degli uomini al suo ambiente; da quella prima osservazione poteva raccogliere moltissime informazioni utili a soddisfarli e, oggi lo sapeva meglio di sempre, a far trovare loro ciò che hanno dentro.

Non capitava quasi mai che un uomo avesse uno sguardo indifferente.

Se il primo sguardo era di ripulsa, quasi di fastidio, indovinava persone lontane da se stesse, sulle quali lavorare molto per far capire quanto fossero normali le pulsioni per cui la avevano cercata, per fare in modo di accettare una parte di sè nascosta eppure così potente da provocare la ricerca di una professionista per venire alla luce.

Se viceversa il primo sguardo era un luccichìo negli occhi, indovinava persone che già conoscevano, senza falsi filtri, i propri desideri; a quel punto si doveva capire verso quale direzione fossero indirizzati, e proprio per questo nel suo dungeon la disposizione era tale da far vagare lo sguardo in zone dedicate a temi specifici, in questo modo riconosceva chi vosse attratto più dai materiali e dalle esperienze sensoriali e tattili piuttosto che da corde e legami, da fantasie di dominazione piuttosto che di sottomissione e, quasi sempre, da quel luccichìo poteva indovinare dove si situasse il paradiso di quella persona.

Aveva anche imparato a distinguere le persone in base alla loro professione; soprattutto quelle in cui l'aspetto maschile era prevalente portavano a sensibilità più esasperate e inibenti; proprio per questo non si stupiva di avere delle sissy maid tra i sacerdoti e tra i pugili, oppure dei masochisti tra i potenti avvocati di grido; per questo non la stupì lo sguardo del vice ispettore che per qualche secondo, e con qualche luccichìo in più, s'era fermato sugli anelli ai polsi, sulle corde e sulle fruste.

Quello sguardo durò appena un attimo, quello necessario perchè Verdiana lo cogliesse; poi l'ispettore indossò lo sguardo un po' pigro e indolente che era la sua maschera, il modo con cui si proponeva al mondo e che utilizzava per le indagini; indossò quel modo di essere consono alle indagini e passeggiò a guardare con sincera curiosità gli oggetti e le attrezzature delle quali di alcune indovinava scopo e funzione, di altre preferiva immaginare di non averlo capito, di altre ancora proprio non immaginava la funzione.

"Quello è un tiracapezzoli" disse Verdiana, indovinando la domanda. Era una specie di bilancia con la classica forma a croce ma, al posto dei piatti, aveva due catenelle che terminavano con una piccola pinza; la distanza dalla base era regolabile. Istintivamente l'ispettore si massaggiò il petto con una smorfia di dolore, rispondendo "capisco..."

Ad osservare quell'uomo Verdiana si divertiva a registrare la differenza tra uno sguardo e l'altro; a seconda della 'perversione' che gli oggetti suggerivano, sguardi che rimandavano immediatamente, in modo così chiaro e palese da stupirsene, alla reazione istintiva che generavano in lui.

Fu proprio per questo che uno sguardo la stupì; lui stava guardando un suo vestito ma indossava uno sguardo totalmente diverso dai feticisti che ne potevano essere attratti; sembrava invece godere di una sottile soddisfazione.

Rimaneva lì a guardara quell'abito, con quel sorriso appena accennato, nascosto; Verdiana non poteva capire perchè un tailleur viola potesse suscitare una reazione del genere.

"Dottoressa, avrei alcune domande da farle."

"Oh, certamente; possiamo rimanere qui a chiacchierare o " - e assunse un atteggiamento un po' corrucciato - "le dà fastidio l'ambiente?"

Verdiana ci teneva a rimanere nel suo studio; lì sapeva come trattare gli uomini, in quel luogo si sentiva padrona.

"Possiamo rimanere qui... non ho alcun fastidio dall'ambiente."

Pronunciando questa frase, l'ispettore si tradì un poco, volgendo lo sguardo alle corde, alle manette e alle fruste.

Verdiana colse la palla al balzo, lo accompagnò in quel settore e indossò un paio di bracciali in pelle borchiati, entrambi con un anello.

"Vede, questi bracciali vengono stretti ai polsi dello schiavo, o della schiava. A quel punto possono essere assicurati ovunque, in modo da impedire i movimenti delle braccia. In questo modo chi comanda " e fece una pausa lunga " - o chi interroga, può essere certo di porre domande senza essere disturbato dall'interlocutore che è bene assicurato da non potersi muovere; per questo, anche psicologicamente, le risposte sono più sincere perchè l'interrogato è messo in posizione di non nuocere, di non difendersi, ma di poter solo dire la verità".

L'ispettore era sinceramente divertito da questa donna così esperta in qualcosa che era comunque utile alla sua professione di ispettore; voleva che il gioco continuasse.

"Così se io le facessi delle domande con i suoi polsi fissati da qualche parte riceverei risposte più sincere?"

Il sorriso di soddisfazione Verdiana se lo tenne dentro. Le bastò indossare un'aria un po' spaurita, deglutire, mostrare un poco di smarrimento e subito dopo un'aria sicura rispondendo "Si potrebbe provare" per ritrovare il luccichìo nei suoi occhi.

Fisso entrambi gli anelli dei bracciali ad un gancio che pendeva dal soffitto.

"Giri quella manovella."

L'ispettore ubbidì, e la catena che legava il gancio cominciò ad accorciarsi, sollevando i polsi di Verdiana.

Lei vedendo il suo sguardo diventare goloso lasciò tirare i polsi verso l'alto, fino a che non le arrivarono sopra la testa, con le braccia ancora un po' piegate.

Si guardarono; lei con un sorriso di conquista, lui con lo smarrimento di chi si sta lasciando prendere da un gioco troppo divertente e troppo sconosciuto.

Lei indossava un abito con spalline, che le lasciava nude le spalle; le braccia, sollevate in quel modo, mostravano il biancore della pelle lambire i capelli e il viso di Verdiana.

Lui, tentando di togliersi dal torpore ipnotico in cui stava cadendo, le chiese:

"Ma dottoressa, è sicura? Posso farle delle domande? In questa posizione?"

Lei non rispose, ma il suo sguardo si sostituì alla voce, pregandolo di farlo, e provocando in lui reazioni che mai avrebbe immaginato.

Mai avrebbe immaginato di provare una sensazione così forte di potenza su una donna, mai avrebbe immaginato che gli avrebbe dato così tanta euforia, così tanta sensazione di dominio.

Così tanta eccitazione.

"Alviero Destefani prima di morire l'ha chiamata, più volte, al mattino. Cosa voleva da lei?"

A quel punto lei avrebbe dovuto contravvenire ad una sua norma, cioè ammettere che una persona era un suo cliente.

Non era convinta di volerlo fare, aspettò per deciderere cosa rispondere.

L'ispettore portò la mano sulla manovella, le fece fare un mezzo giro; la catena si tese, il gancio si sollevò, i polsi furono tirati un po' più in alto.

Verdiana rovesciando indietro la testa fece un gemito, di quelli che aveva imparato e che conosceva così bene, quei gemiti che facevano impazzire i suoi clienti; un misto tra il dolore ed il piacere che gli venivano inflitti.

Come venendo a capo ad una risoluzione disse "sì mi ha chiamata", e registrò il sorriso negli occhi dell'ispettore.

Sapeva benissimo che sarebbe bastato spingere col piede l'assicella dietro di lei per svincolare la catena e liberarsi; ma il gioco la stava divertendo e volle continuare.

L'ispettore era combattuto tra il piacere che indubbiamente provava nell'interrogare quella donna e la situazione totalmente al di fuori della norma che s'era creata; per questo propose:

"dottoressa, smettiamo; non è questo il modo con cui faccio domande di solito."

"Allora non risponderò più. Faccia venire i suoi agenti, mi arresti. Se vuole da me risposte le avrà ora."

Lui fece un altro mezzo giro di manovella, e Verdiana non dovette fingere per gemere di piacere.

"Perchè l'ha chiamata?"

"Con lui ho fatto giochi di asfissia; gli piaceva che gli provocassi la mancanza del respiro in modo controllato durante l'orgasmo. L'avevamo fatto parecchie volte, spesso nel suo ufficio, o nel bagno del suo ufficio come water bondage, cioè annegandolo, tenendogli la testa sott'acqua."

"Le telefonate parlavano di quello?"

"Si, perchè mi aveva proposto un gioco nel quale io avrei avuto il controllo totale del suo respiro ma nessun modo per verificare il suo stato. Tropo pericoloso, io ho rifiutato e lui si è arrabbiato. Ha urlato, per telefono, me ne ha dette di tutti i colori. Mi ha richiamato più volte; speravo cambiasse toni, invece era sempre più esasperato; lo sentivo un po' e poi riattaccavo."

"E la sera vi siete visti?"

"No, assolutamente, dopo quelle telefonate non l'ho mai più sentito."

Lui diede un giro intero alla manovella; ormai Verdiana aveva le braccia tesissime, ed era quasi sollevata da terra, le gambe distese si slanciavano sui tacchi che le lasciavano la possibilità di appoggiarsi ancora un poco.

L'ispettore capì che non poteva più insistere sull'argomento; quella donna dava comunque risposte sulle quali non tornava.

"Quella sera ha sentito anche padre Krueger, perchè?"

"Non l'ho sentito, era un messaggio, in cui mi diceva che sarebbe passato qui, nel mio appartamento."

"Poi venne? A che ora?"

"Da mezzanotte alle tre, circa. Io avevo una sessione, e ho sentito che era di là, come fa spesso."

"Potrebbe garantire che era lui?"

"Solo lui ha le chiavi, solo lui può entrare, era certamente lui."

"Ha un testimone che possa confermare che era qui?"

"Si, un cliente; ma non farò il suo nome neanche sotto tortura... O forse sì... con qualche altro giro di manovella."

A questo punto entrambi risero, la situazione si sdrammatizzò.

Ciò che mostrava il viso di Verdiana lo incantò; era provata, sofferente, e in qualche modo riconoscente a lui; non sapeva se fosse mestiere o sincerità, ma quel modo di fare domande gli era piaciuto molto; aveva ottenuto una testimonianza importante.

Allentò le catene, lasciò scendere i polsi, e le chiese "dottoressa, posso ritenere questa sua versione dei fatti una testimonianza sincera, al di là dei metodi... inusuali per ottenerla?"

"Certamente si", rispose lei, sorridendo e massaggiandosi il collo, slacciando i bracciali di pelle dai polsi.

Lui quasi non ci credeva, si sentiva ipnotizzato, sentiva crescere il calore tra le gambe mentre lei gli stringeva i bracciali, sussurrando:

"ora tocca a me interrogare."

[Grottesche, castello di Torrechiara]

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